“Il gatto celeste e il segreto di Picasso”: gatti, arte e nostalgia

È indubbio che la narrativa che vede gli animali come protagonista stia diventando quasi una vera e propria sottosezione della narrativa stessa: capitanate da Dewey, storie come Devil Cat o The world is your litter box si fanno strada nel labirinto di edicole e librerie ogni giorno di più. Non sono così rare quelle in cui alla figura del gatto si mescolano le arti. Eppure, quanto è frequente incontrare un libro sui gatti che, oltre a raccontare di questi splendidi felini e delle emozioni di cui ci fanno dono e tirare in ballo le arti, riesce a trattare anche di un sentimento come la nostalgia? L’impresa non è da poco, ma Doretta Cecchi, con il suo romanzo Il gatto celeste e il segreto di Picasso, edito da Ugo Mursia Editore e dedicato al micio Angusce l’ha fatta.

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Sia chiaro, l’opera di Doretta Cecchi è e rimane prima di tutto un’ode ai nostri felini preferiti. Come spiegare altrimenti il perfetto ritratto di Celeste, il quasi-siamese protagonista, veritiero come può esserlo solo se scritto da qualcuno che conosce le loro eccentricità, la loro gelosia e il loro immenso amore per l’umano che si scelgono? È impossibile non ritrovarsi nelle elucubrazioni di Leo Santini, l’umano di Celeste. O almeno non sentirle un minimo familiari.

[…]il nocciolo del problema stava tutto nel fatto che Celeste assomigliava troppo allo Snoopy dei fumetti che lui leggeva quando era ragazzo. Troppo spesso si credeva un essere umano e tendeva a trattare il suo padrone come se lui, gatto, fosse in realtà e a tutti gli effetti, un misto di vecchia zia, tutore, governante, confidente, mamma, compagno di avventure e innamorato amante.[…]

Non solo. In Celeste e nella sua banda felina c’è una saggia consapevolezza che talvolta sembra mancare a qualche umano: li amiamo alla follia, ma sono e restano animali, e avranno sempre una “costruzione mentale” diversa dalla nostra.

[…]Celeste aveva davvero perso la pazienza: «Non siamo umani! È un dato di fatto incontrovertibile! Come diavolo faremmo a telefonare, prenotare e pagare, eh?»[…]

Fatto che non toglie nulla al rispetto che dobbiamo loro in quanto esseri viventi, naturalmente. E proprio il fatto che siano in grado di sviluppare conversazioni persino intellettuali è la personale ode al gatto dell’autrice.

Forse non è casuale che sia proprio l’unica componente femminile della banda felina, Fufùn, a incarnare il tema a cui abbiamo accennato all’inizio di questa recensione: la nostalgia. Lei, che sembra forse il personaggio più superficiale, lei che, come l’autrice stessa ha dichiarato, incarna la seduzione fine a se stessa e l’amore per tutto ciò che è trendy e lussuoso, è sorprendentemente anche l’incarnazione della nostalgia. Il tipo di nostalgia verso un passato dorato che non si è mai vissuto, e nello specifico verso la Costa Azzurra degli anni Quaranta, regno di meravigliosi artisti in cerca di ispirazione. Tra cui, appunto, Picasso.

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Picasso e la sua musa Françoise Gilot. Fonte: http://www.luxury24.ilsole24ore.com/

A fare da controcanto a Fufùn ci sono gli anziani di Antibes, città della Costa Azzurra in cui il romanzo è ambientato: l’altra faccia della nostalgia, quella verso un tempo passato che non tornerà più. Forse tutto questo è specchio della nostalgia dell’autrice, che ha dichiarato, durante un’intervista radiofonica presso la trasmissione “Considera l’armadillo”, di aver sempre desiderato una casa come quella di Leo.

Non stupisca gli studiosi e appassionati di arte la presenza di multipli, e reali, riferimenti all’Antibes “artistica” degli anni Quaranta e all’arte moderna in genere. La signora Cecchi ha le sue radici nel mondo delle arti visive, e quindi sa bene ciò di cui parla. Il museo dedicato a Picasso, interno al Castello Grimaldi, esiste davvero.

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E così Les clefs d’Antibes, il disegno a grafite citato nel romanzo, è realmente presente all’interno del Castello Grimaldi.

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La sala dov’è ospitato l’affresco. Fonte: https://www.flickr.com/photos/61005465%40N00/3861297215?rb=1

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Les clefs d’Antibes. Fonte: https://anto291.files.wordpress.com/2010/02/6a00d41433969e6a470123de0cb686860d.jpg

Ma niente paura: non ci sono boriose lezioni di arte ne Il gatto celeste e il segreto di Picasso.

Quale sia il “segreto di Picasso” citato nel titolo non ve lo diciamo. Arrivare a scoprirlo vi richiederà la sola lettura di 145 pagine intrise di arte, un misto di 1/4 nostalgia, 1/4 di filosofia e 2/4 di comicità e allegria, ma soprattutto… tantissima felinità. Tutto al modesto prezzo di 12 euro.

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