L’orrore dei rifugi giapponesi
Il Giappone è, con gran sorpresa di chi apprende la notizia e sta scrivendo, il paese delle contraddizioni per eccellenza nei termini della sua relazione con il gatto. Abbiamo, certo, un rifiorire incessante di Cat Café, umani che vanno pazzi per questo animale e portafortuna a forma di gatto; il mondo dei mici giapponesi relegati nei rifugi è però molto più cupo, tinto di orrore.
La prima disgrazia dei gatti del Giappone è, paradossalmente, l’amore viscerale della popolazione: un amore che spinge ad adozioni numerose, anche in età avanzata, forse proprio per un parzialmente comprensibile bisogno di effetto e compagnia tipico delle persone anziane. Quando la morte o il ritiro in ospizio sopraggiungono, la destinazione degli animali è il gattile. Sorge a questo punto la domanda spontanea: ma se in Giappone le adozioni sono tanto praticate, cosa rende tanto terribile la realtà dei rifugi? Ciò che condanna i mici scaricati in un gattile è la tendenza a scegliere di acquistare i propri animali, ignorando completamente i rifugi, lasciando che si riempiano a dismisura e condannando così i suoi occupanti a un fato raccapricciante.
L’alto numero di gatti ospitati e il continuo flusso di nuovi occupanti hanno chiamato a misure drastiche nella soppressione: parliamo dell’uso di anidride carbonica, in grado di uccidere numerosi animali simultaneamente. Gli animali esposti ad anidride carbonica muoiono per soffocamento, mentre la sofferenza crescente li porta al panico e i loro occhi bruciano irritati dal gas. Non siamo certi che accada in ogni rifugio giapponese, e speriamo vivamente di no, ma è il caso ad esempio del “Animal Protection and Consultation Center” di Tokyo per ammissione stessa del gestore Satake. Qui, i gatti hanno sette giorni di tempo prima di essere sottoposti a eutanasia.
Può forse parzialmente tranquillizzare il fatto che la “World Society for the Protection of Animals” (WSPA) abbia condannato l’uso dell’anidride carbonica, e quindi il modus operandi del Giappone. Per chi sia in grado di leggere e comprendere l’inglese, può essere interessante immergersi nella lettura del loro studio in merito ai metodi di soppressione, disponibile qui.
La notizia risulta particolarmente amara a fronte della situazione persistente in America, in cui l’eutanasia è una costante giornaliera; tuttavia, a quanto ne sappiamo contrariamente al Giappone non fanno uso di eutanasia di massa, e la percentuale di animali che si guadagna una seconda casa è maggiore. In Giappone infatti circa l’82% dei gatti di un rifugio standard finisce nella “camera della morte”.