Casey, il gatto depresso perché disoccupato: una storia vera
Lo sanno quanti sostengono che i gatti abbiano diritto a una porzione di vita outdoor, lo sanno anche i sostenitori del tenere i gatti soltanto in casa: i nostri felini preferiti possiedono, oltre alla tendenza a dormire un numero invidiabile di ore al giorno, un istinto alla curiosità e alla vivacità non da poco. In alcuni casi, l’ozio persino deprimere un gatto: come nel caso di Casey, il gatto depresso perché disoccupato.
La famiglia del micio Casey gestiva un ristorante, in cui anche Casey aveva il suo “lavoro”: faceva per così dire da portiere, accogliendo i clienti e accompagnandoli all’interno con cortesia.
Poi, un giorno, un incendio colpì il ristorante. I danni furono abbastanza ingenti da convincere la famiglia a non tentare nemmeno di riaprire, e cercare invece una nuova fonte di denaro. Mentre i suoi umani si affannavano nella ricerca del lavoro, Casey languiva: abituato a occupare il suo tempo al ristorante, faticava a convivere con l’ozio.
A rivelare la fonte dell’infelicità di Casey alla sua famiglia fu Samantha Khury, chiamata a risolvere l’enigma della depressione del micio. La comportamentalista, nota per essere capace persino di leggere la mente felina, spiegò come a Casey mancasse la sua occupazione al ristorante, e come ben poco gli addicesse il dolce far niente.
Dapprima scettica, la famiglia diede poi una chance alle parole di Samantha Khury, permettendo a Casey di agire come portiere presso la biblioteca della città. Nell’anno in cui gli fu permesso di entrare nell’edificio, il micio rifiorì e ritrovò se stesso. Quando venne decretato che dovesse essere interdetta l’entrata agli animali, i suoi umani, ormai persuasi che la comportamentalista avesse ragione, trovarono per lui un nuovo impiego: gli permisero di visitare le persone anziane del quartiere, fornendo loro compagnia e affetto.
E così Casey, il gatto depresso perché disoccupato, ritrovò la felicità e il suo essere.