Cronaca della città dei gatti: un romanzo felino… anomalo

Divertenti, misteriosi, vivaci, commoventi: i gatti sono questo e anche di più, come testimoniano i milioni di filmati su Youtube a loro dedicati. Risulta forse più difficile immaginarli come protagonisti di una storia dai tratti più cupi, persino politica. Eppure, è proprio questo che accade in Cronaca della città dei gatti dello scrittore cinese Lao She.

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Cronaca della città dei gatti inizia con l’intrusione di un uomo cinese su Marte. L’uomo, definito come Mr. Earth, subito dopo l’atterraggio di emergenza viene catturato dagli abitanti del pianeta: delle creature la cui natura è mista tra quella felina e quella umana. L’uomo finisce sotto l’ala protettiva di Scorpion, uno dei più ricchi residenti che lo assume per proteggere le sue piantagioni di “reverie”, sostanza vegetale da cui pressoché tutti i gatti sono dipendenti. L’imperatore, tempo prima del suo è arrivo, è stato detronizzato e sostituito dal leader del movimento noto come “Everybody Shareskyism”. È il figlio del suo capo, il Giovane Scorpion, a mostrargli gli aspetti più cupi della società della razza simil-felina: il loro progresso tecnologico è piuttosto carente, e anche che la loro evoluzione culturale è drammaticamente arretrata. La città è sporca quanto i cittadini, il cibo risulta essere spesso velenoso ed i viaggi verso altri civilizzazioni non donano che nozioni fondamentali frequentemente mal comprese, che portano a una deriva in negativo dalla tradizione. A comandare sono quanti possiedono più denaro, e a chi è in capo non importa né lo stato di abbandono di musei e biblioteche, né la corruzione negli istituti di istruzione, dove il diploma viene tutto tranne che guadagnato.

Cosa c’entra tutto ciò con la politica, direte voi?

La risposta sta nell’epoca in cui Cronaca della città dei gatti è stato scritto, vale a dire nel 1933. Lao She ha assistito alla fine del regime imperiale in Cina, e quella che descrive nel romanzo è la Cina degli anni Trenta un po’ come la vede lui, un po’ come teme che diventi: il parallelo tra il leader dell’Everybody Shareskyism e Chiang Kai-shek, leader della Repubblica Cinese dal 1928, è piuttosto evidente. Lao She, tramite il suo romanzo, esprime sostanzialmente la sua sfiducia nelle rivoluzioni in genere. In verità Cronaca della città dei gatti doveva essere, nelle sue intenzioni, una satira: ma in questo, fallisce miseramente. Resta un romanzo cupo e per certi versi inquietante.

Non è certo questa la veste in cui ci piace vedere i nostri felini; e in realtà, non sappiamo perché Lao She abbia scelto proprio i gatti per rappresentare la decadenza della società cinese. Ma se qualche lettore volesse vedere i nostri felini in una veste nuova, Cronaca della città dei gatti è senza dubbio una scelta da considerare.

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