Il Dna dei gatti aiuta a capire le malattie umane: i risultati dello studio
Dal Dna dei gatti si possono ricavare informazioni importanti sulle malattie dell’uomo. È questo il risultato di una prestigiosa ricerca realizzata da due Università americane, l’Università del Missouri e la Texas A&M University, pubblicata sulle pagine della rivista PLOS Genetics.
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Lo studio
I ricercatori hanno creato una nuova mappa del Dna dei gatti, con novità mai raggiunte finora. I risultati ottenuti rappresenteranno un valido strumento sia per sviluppare nuovi test e trattamenti per i gatti, sia per studiare alcune malattie dell’uomo. La ricerca è stata condotta su un gatto abissino, di nome Cinnamon a causa del suo pelo di colore rosso-cannella (cinnamon è il termine inglese che indica la cannella, ndr), di cui è stato sequenziato il 60% del genoma, e da cui sono state rilevate nuove varianti del DNA. Confrontando quest’ultimo con altre 54 mappe genetiche di gatti (conservate in un archivio apposito), gli esperti hanno dichiarato di aver riscontrato delle varianti sconosciute. Sembra che alcune di queste varianti siano coinvolte nella determinazione del nanismo negli esseri umani.
Tra i risultati di questo studio, è emerso inoltre, che il gatto possiede circa 21.865 geni che sono codificati per proteine: la scoperta interessante è che è circa la stessa quantità presente nell’uomo.
Le ripercussioni sullo studio delle malattie umane
Lo studio del genoma del gatto, e di altri mammiferi, ha un’importante risvolto circa le malattie del gatto, e anche dell’essere umano. È stato, infatti, possibile analizzare quali parti del DNA si sono conservate e sono rimaste invariate durante l’evoluzione del gatto. Gli autori dello studio affermano che circa 743.326 elementi si sono evolutivamente conservati.
L’analisi sulla genetica di altre specie viventi ha spesso portato intuizioni particolari nelle scoperte sugli esseri umani. Ecco perché questa notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo. La ricerca degli scienziati americani potrebbe aprire nuove frontiere nello studio di alcune mutazioni genetiche che causano malattie negli esseri umani, come, appunto, il nanismo.