Il San Giovanni Bosco di Torino si mobilita per salvare Principessa, la gatta mascotte dell’ospedale
Si chiama Principessa ed è una gatta molto conosciuta all’ospedale San Giovanni Bosco di Torino. Sono 14 anni, infatti, che è la mascotte della struttura, e ogni giorni medici e infermieri la coccolano con cibo, acqua e attenzioni. Inizialmente non è stato semplice: Principessa è una gatta selvatica ed era schiva e diffidente. Ma pian piano si è sciolta, ed è diventata dolce e affettuosa, in particolare con Crystel, una giovane soccorritrice del 118. Ed è proprio Crystel che le ha salvato la vita…
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La scoperta della malattia
Un giorno, mentre Crystel accarezzava Principessa come al solito, ha sentito un bozzo all’altezza delle mammelle. Così, dopo la visita dal veterinario, si è scoperto che la gatta aveva un tumore molto esteso e necessitava di un’operazione urgente. Crystel e sua madre hanno deciso così di farsi carico delle spese mediche, ma dopo hanno scoperto che in ospedale era stata organizzata una grande colletta per aiutare il felino. La somma raccolta, circa 1300 euro, è riuscita a coprire sia l’intervento che le cure. Una vera e propria gara di solidarietà.
La situazione attuale
Dopo essere stata operata per l’asportazione del tumore maligno, Principessa è stata accolta a casa di Crystel. La situazione, però, è temporanea, visto che in casa ci sono anche due cani e la convivenza non sembra possibile. Dopo la sua totale guarigione sarà quindi necessario trovare per lei una nuova sistemazione.
I precedenti
Ma l’aiuto e l’affetto che Crystel ha donato a Principessa non è il primo episodio di solidarietà avvenuto nei confronti della gatta. Già un anno prima, infatti, una biotecnologa, Valentina, si era accorta che Principessa aveva un ascesso in bocca, per il quale poi le sono stati rimossi tutti i denti. In quel caso la gatta era tornata a vivere nel perimetro del San Giovanni Bosco, ma stavolta, dopo il tumore, si esclude che possa accadere di nuovo. Per lei si cercherà una famiglia affidabile e piena di amore.
Fonte foto: La Stampa