ISIS contro i gatti: la recente, controversa notizia che imperversa per il web

L’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e della Siria), noto anche come ISIL (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante) si è ormai guadagnato una porzione allarmante di attenzione sui quotidiani occidentali. Non c’è alcun bisogno di rievocare le terribili immagini degli attentati, dimostrazione della natura violenta di questa organizzazione fondata da Abu Musab al-Zarqawi; se non bastasse, tuttavia, di recente l’ISIS pare si sia scagliata contro un nemico di ben altra natura, vale a dire i nostri amati gatti. Sono numerose le testate che hanno dedicato un articolo all’argomento “Isis contro i gatti“.

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Fonte: youmedia.fanpage.it

Stando a fonti locali diffuse dall’emittente satellitare araba Al Sumaria, pare che proprio la sanguinaria Isis, la stessa che diffondeva fotografie dei suoi miliziani con tanto gatti quanto fucili tenuti amorevolmente tra le braccia, oggi abbia invece decretato nella città irachena di Mosul una fatwa che decreta il divieto di accogliere un gatto nelle proprie case, una scrupolosa caccia ai felini domestici e l’imminente sterminio degli animali. Altre testate, invece, sostengono che il provvedimento si limiterebbe a colpire gli allevatori di gatti; non è chiaro se anche gli animali allevati siano inclusi nella fatwa.

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La notizia coglie certamente di sorpresa quanti, tra gli amanti dei gatti, siano a conoscenza del profondo amore del Profeta, Maometto, proprio verso i gatti. Noi di GcomeGatto abbiamo cercato di capirne di più, senza la pretesa di considerarci esperti religiosi o politici.

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Fonte: www.fanpage.it

Proprio le leggende riguardanti i mici e Maometto fanno sorgere la prima, più importante domanda a riguardo: perché gli animali amati dal Profeta sarebbero finiti nel mirino di un’organizzazione nata con uno scopo prettamente politico, vale a dire la creazione di un califfato islamico esclusivamente sunnita? I gatti, pare, sarebbero “incompatibili con l’ideologia jihadista”. Vale la pena precisare, per amor di chiarezza, che si definisce come Jihad il combattere contro gli infedeli. Non tutti i mujahidin, cioè i combattenti della Jihad, sono però automaticamente membri dell’Isis, considerato che l’interpretazione più diffusa della Jihad è quella, sì, di una guerra in nome della fede, ma dai toni esclusivamente difensivi e che sia comunque portata avanti senza eccessi. Nello stesso modo in cui l’ISIS e un musulmano possono considerare la Jihad in modo differente, esistono anche Imam innamorati dei gatti e città, come Istanbul, che vezzeggiano i nostri felini preferiti come pochi, a contrasto con l’idea dell’ISIS contro i gatti.

Tuttavia questo non offre una risposta alla nostra domanda, né implica una connessione tra guerra santa e gatti. Dato che di elemento religioso si parla, può essere utile chiedersi cosa abbiano da dire i testi sacri dell’Islam sui gatti e sul loro allevamento. Sembra che, per quanto non sia un obbligo ospitare un gatto, sia dovere di chi decide di farlo prendersene cura al meglio. L’allevamento è invece quantomeno non guardato di buon occhio, e secondo altre fonti persino proibito. Esiste quindi la possibilità che i chierici dell’ISIS si siano ispirati a questi dettami nel promuovere la loro fatwa.

E infine, per cercare di sbrogliare la matassa, occorre porsi un’altra domanda ancora: cos’è esattamente una fatwa? Si definisce come fatwa l’interpretazione offerta da un esperto riconosciuto della religione islamica in merito a una ben determinata questione. Non sempre tutti gli esperti di religione concordano in merito a una fatwa, e non sempre esprime una norma da rispettare.

Quindi, ISIS contro i gatti: sì o no? Considerati i modi violenti dei militanti dell’organizzazione, è tristemente probabile che i felini di Mosul incontreranno ben presto un crudele destino. Rimane tuttavia la possibilità che, trattandosi di una fatwa e siccome il termine è stato più volte frainteso come una condanna a morte contro una o più categorie, l’informazione sia stata fraintesa dai media occidentali. A noi non resta che sperare in questa eventualità.

 

 

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