” La città dei gatti neri “, un’opera di narrativa dai tratti felini
Innumerevoli sono gli esempi di come il gatto si sia guadagnato un posto di tutto rispetto nella letteratura. Vi ha contribuito, tra gli altri, Murakami Haruki con il suo racconto La città dei gatti; tuttavia l’influenza felina non si ferma certo alla letteratura occidentale, tanto che esiste almeno una leggenda indiana il cui protagonista è un gatto. Uno scrittore che ha adorato i gatti, e dedicato loro diverse pagine, è Howard Phillips Lovecraft, scrittore americano noto per creazioni letterarie di stampo horror e piene di immagini bizzarre, persino aliene. Proprio Lovecraft deve essere stato l’ispirazione per Marina Alberghini, Presidente dell’Accademia dei Gatti Magici, nella scrittura del racconto La città dei gatti neri.
La città dei gatti neri rivela come l’uomo debba il suo progresso morale e scientifico ai Cathuriani, una razza aliena dall’apparenza felina che ha, nel corso del tempo, inviato numerosi messaggeri sul pianeta e comunicato con gli individui ritenuti degni. I gatti sono ovviamente un loro dono. Una vera ode al gatto, quindi, che non può che avere inizio nel paese e nell’epoca del gatto per eccellenza: l’Antico Egitto.
Festa grande a Bubastis, in quel giorno d’estate di molti millenni fa. La città che l’Egitto ha consacrato ai Gatti, numi supremi del suo Pantheon, celebra infatti Bastet, la dolce Dea dal corpo di donna e la testa di gatta, che riassume in sé gli elementi base della femminilità: la creatività, essendo raffigurata nell’atto di suonare il sistro; la maternità, avendo ai suoi piedi il cestino della levatrice; l’erotismo, infine, essendo donna e gatta insieme.
È in omaggio a quest’ultimo aspetto che le barche inghirlandate di fiori che scorrono lungo il Nilo fra risa e canti vedono in lieti accoppiamenti una sensualità gioiosa.
Bastet giunge, alla fine, e con le lacrime agli occhi chiede al suo popolo di aiutare i Cathuriani, il popolo alieno creatore dei gatti.
Nella capitale di Cathuria era in corso una riunione straordinaria dei delegati dei pianeti orbitanti attorno alla stella blu. Quegli Alieni erano davvero un bel vedere: felini umanoidi, alti ed armoniosi, il volto triangolare sormontato da occhi magnetici verdi o arancio, il corpo rivestito da una peluria setosa di ogni colore. Erano coloro che gli Olmechi, antichissimo popolo precolombiano del pianeta Terra, chiamarono «il Popolo dalle labbra tigrate», quando scesero a insegnare l’arte, la scrittura e la scienza alle popolazioni primitive del Messico.
Bastet rivela che sono giunte notizie gravi e orribili; è infatti il tempo della persecuzione delle streghe, e con esse dei gatti, ritenuti compagni del demonio. Un evento che fa tremare di rabbia i Cathuriani, che lamentano l’assenza di morale dell’uomo nonostante l’invio di tanti messaggeri, come ad esempio Giordano Bruno.
Grazie al loro intervento, la persecuzione termina. E quando i tempi sono maturi, i Cathuriani decidono di rivelare all’uomo alcune verità sull’universo… tramite un artista terrestre. Il prescelto è, ovviamente, Lovecraft, che accoglie a braccia aperte il gatto nero donatogli dai Cathuriani.
Fu così che, un giorno del 1906, a Providence, nel Rhode Island, un uomo allampanato e nevrotico, che viveva solo e nullafacente da alcuni anni nella casa avita, vide sbucare da un archivolto – in realtà, un altro Star Trek – un magnifico felino nero, che lo salutò cordialmente con un roco Jau… uuu…
Quell’uomo amava i gatti e aveva una mente predisposta all’ipnosi e alla telepatia. Lo carezzò, chiamandolo Old Man. Il gatto gli trasmise le visioni di alcune zone dell’Universo. L’uomo recepì, sognandole la notte, capendo immediatamente come gli stesse succedendo qualcosa di eccezionale. Lo scrisse in seguito a un amico: «Di notte, quando la luce elettrica illuminava la strada, lo spazio all’interno del passaggio rimaneva in una fitta oscurità, tanto da sembrare l’imboccatura di un abisso sconfinato o l’ingresso di qualche dimensione senza nome. E là, come se stazionasse a mo’ di guardiano degli insondati misteri oltre l’archivolto, si accovacciava la forma incredibilmente antica diOld Man, simile a una sfinge dagli occhi gialli e nera come l’ebano».
L’umanità, tuttavia, ancora una volta non comprende, e scambia per racconti fantastici quelle visioni veritiere. Soltanto Lovecraft è stato ammesso al cospetto dei Cathuriani.
La città dei gatti neri è quindi, oltre che un’ode ai gatti anche un omaggio al genio di Lovecraft. Quelli che vi abbiamo proposto in questo articolo sono solo alcuni estratti, il racconto di Marina Alberghini è ben più lungo di così: perciò, se La città dei gatti neri vi ha incantati, potete leggerlo nella sua interezza a questo link.