L’amore di una madre non ha bisogno di presentazioni: non è un caso se è universalmente ritenuto il più puro e il più profondo. E questo vale anche per gli animali, come dimostrano molteplici aneddoti raccontati anche su questo stesso blog.
Evidentemente, anche il poeta Giovanni Pascoli era d’accordo e percepiva l’enorme forza di questo sentimento, perché La Gatta di Giovanni Pascoli narra proprio l’amore materno in righe strazianti.
Era una gatta, assai trita, e non era
d’alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.
Ora, una notte, (su per il camino
s’ingolfava e rombava la bufera)
trassemi all’uscio il suon d’una preghiera,
e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.
Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino
tra piedi; e sparve nella notte nera.
Che nera notte, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri
urli portava dai deserti il vento.
E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
Facea le fusa il piccolo, contento.
Sono bravi, i randagi, a nascondersi. Talvolta potrebbero essere a pochi passi da noi a nostra completa insapute. E la bellezza vera La Gatta di Giovanni Pascoli è che la sua protagonista, questa mamma gatta in età ormai avanzata, a guardar bene possiamo ritrovarla in moltissimi musi.
Lei è troppo anziana per fidarsi dell’essere umano e cambiare la sua natura selvatica. E forse, non è neanche certa del tutto che la persona che incrocia sulla sua strada sia quella adatta a prendersi cura del suo piccolo. Eppure, se la scelta è tra guardarlo morire per fame, freddo o malattia e prendere quel rischio, qualche volta una madre disperata può persino avvicinarsi alle nostre porte. Con la speranza che il suono della sua preghiera arrivi alle orecchie giuste.