La morìa dei gatti dell’isola giapponese di Umashima
Non esiste al mondo gattofilo che non desideri visitare l’isola di Umashima. Questa famosa area insulare del Giappone, infatti, è nota proprio per la sua ricca popolazione felina, pari a sei volte la popolazione umana. Qualcosa, però, sta cambiando, e non a favore dei gatti. Forse la morìa dei gatti dell’isola giapponese di Umashima non fa notizia sui quotidiani del nostro paese, ma è una triste realtà ed un fatto innegabile.
Un decesso silenzioso, che in realtà procede da anni. E ora che i numeri sono calati drasticamente, non si può non farne nota. Nel 2014 calcavano quella terra circa 90 gatti. Oggi, si sono ridotti a 30, a malapena un terzo del numero originale.
Era già da tempo che il signor Kunihisa Sagami, direttore della fondazione che castra i gatti, e gli altri gruppi animalisti preposti alla cura e all’alimentazione dei mici riportavano una serie di lamentele da parte della popolazione locale. Un’occorrenza che li preoccupava, perché non sarebbe la prima volta che qualcuno, infastidito, si occupa a modo suo del “problema”. E infatti, le prime morti sono giunte tramite porzioni di pesce avvelenato.
Nel 2017, era diventato frequente vedere un gatto crollare a terra dopo aver sbocconcellato il cibo sbagliato. Pesce ricoperto da una mortale sostanza blu.
La morìa dei gatti dell’isola giapponese di Umashima provoca rabbia, in realtà, in buona parte degli abitanti. A cui non piace affatto la possibilità di vivere gomito a gomito con il possibile assassino.
Un’ipotesi cupa e sinistra, alimentata dal gesto di un agricoltore locale. L’uomo ha riversato un prodotto chimico su alcuni pezzi di pesce, pare allo scopo di tenere lontani i corvi. A soffrirne, però, sono stati i gatti. E visto il numero moderato di corvi presenti sull’isola, gli animalisti sono scettici riguardo alla reale motivazione delle azioni dell’agricoltore.
Data la situazione critica, si sta valutando la possibilità di evacuare i felini finché non si sarà certi che Umashima sia nuovamente una casa sicura per loro. Una scelta sicuramente traumatica per gli animali, eppure potrebbe essere l’unico modo per salvare loro la vita.