L’Animal Care & Control Center of NYC: animali nel girone della morte
Qualcuno dei lettori conoscerà sicuramente questa pagina Facebook; altri, forse, vedendola dispiegarsi di fronte agli occhi per la prima volta si faranno diverse domande. Cosa significa “to be destroyed”? Cos’è l’AC&C?
“To be destroyed”, tristemente, va inteso nel suo significato meno piacevole: gli animali nella lista nel link di cui sopra sono a rischio di eutanasia e possono essere salvati solamente da un’adozione, uno stallo o con l’intercessione di una differente struttura autorizzata alla detenzione di animali. E non è tutto: ogni giorno, quella lista varia. Ogni giorno, un numero variabile di gatti rischia la vita.
L’Animal Care & Control Center of NYC è un’organizzazione no profit per il benessere animale con sede centrale a New York, dislocata in cinque rifugi (New York, Brooklyn, Staten Island, Rego Park, Bronx) distribuite sul territorio degli Stati Uniti d’America.
I loro rifugi sono per legge obbligati ad accogliere ogni animale (cani, gatti e conigli) che venga presentato alle sue porte, sia esso in salute o malato. Sfogliando le pagine del sito della AC&C, si troverà un paragrafo dedicato esclusivamente all’eutanasia: la premessa è che gli animali che non trovano una sistemazione possono andarvi incontro, e viene successivamente specificato che i randagi hanno 96 ore di vita, mentre animali ceduti da proprietari un tempo più lungo ma imprecisato.
Quello che si può fare per salvare gli animali del “girone della morte” varia a seconda sia dello stato comportamentale dell’animale sia dei requisiti del potenziale adottante. Infatti, gli animali vengono valutati dal punto di vista comportamentale dai veterinari dell’AC&C e qualora presentino un comportamento aggressivo o eccessivamente antisociale possono essere accolti solo da strutture che siano partners del programma New Hope, dedicato appunto ad animali difficili; in questo caso, i privati possono promettere donazioni a piacere che, in caso di salvataggio, andranno poi alla struttura che ha accolto l’animale e verranno finalizzate per il suo mantenimento e le sue cure. Quando invece si tratti di un animale tranquillo, gestibile da un adottante senza alcun problema, la procedura prevede che l’adottante abbia più di 18 anni, possieda un documento e fornisca un indirizzo comprovato. Qualora però il potenziale adottante viva fuori dall’area del rifugio, è invitato a compilare dei moduli e contattare il rifugio prima di recarsi di persona a incontrare il personale e l’animale desiderato: se si tratta di una famiglia con cani, inoltre, l’AC&C richiede che si presentino al rifugio anche eventuali bambini e il cane, in modo da coinvolgere chiunque vivrà a contatto col nuovo membro della famiglia nell’adozione. E’ requisito sine qua non che l’adottante si presenti di persona, quindi, a ritirare l’animale, che viva nelle vicinanze del rifugio o fuori dallo stato in cui esso è allocato.
Sicuramente l’Animal Care & Control Center è estremamente scrupoloso nella procedura di adozione. Così tanto, però, da rendere difficile a chi si innamorasse di uno dei loro gatti ma abitasse purtroppo a distanza, da scoraggiare le buone intenzioni: non che ci sia qualcosa di male nella scrupolosità in sé, quando si tratta di altre vite, tuttavia questi gatti hanno talvolta solo 96 ore di vita. Una vera e propria corsa contro il tempo per salvare loro la vita, impossibile da vincere dove sussistano ostacoli di natura geografica. La sola speranza di questi animali, a volte, è che un’altra struttura si faccia avanti e li salvi da morte certa.
Dovendo scegliere tra lasciare un animale in strada, dove può sopravvivere o meno, e porlo di fronte sì a un ambiente “protetto” ma anche all’alta probabilità di un’eutanasia, è difficile dire come reagirebbe qualunque persona con una sensibilità. Il problema andrebbe probabilmente esaminato anche con un occhio al sistema dei rifugi negli Stati Uniti: che capacità hanno? Quanti ammettono ogni animale e quanti possono chiudere la porta a una richiesta?
Ma soprattutto: l’AC&C accoglie 30000 animali ogni anno. Perché gli americani scelgono così spesso un rifugio che pratica l’eutanasia? E’ un pensiero disgustoso, l’idea che tante vite sane vengano spezzate ogni giorno. Un crimine, un triste fenomeno che andrebbe analizzato da diverse angolazioni, perché sia compreso e infine, si spera, sconfitto.