Le vostre storie – Diario di bordo di un amore cominciato per caso: Oscar
Non è mai facile adottare nuovamente dopo la morte di un micio. Ci sembra di non essere in grado di amarlo abbastanza, di farci frenare dall’idea che un giorno anche il nuovo felino ci lascerà, persino temiamo di tradire la memoria di chi ci ha lasciato. Qualche volta, tuttavia, quella che compiamo nell’accogliere un nuovo animale in famiglia non è nemmeno una scelta vera è propria: è un istinto, un riconoscere che il destino, nonostante tutto, ha deciso per noi. La storia di Oscar, piccolo combattente, e della sua umana Erika, parla proprio di questo.
Dopo la morte della sua Memole, avvenuta l’11 settembre 2013, Erika ha passato anni a chiedersi se lei sarebbe potuta sopravvivere, se affidandosi a un altro veterinario avrebbe potuto salvarla, quanto ne fosse responsabile.
Nell’estate del 2017 qualcosa è iniziato a cambiare. Per la precisione, a smuovere le acque è stata una telefonata della madre.
“Lo sai, a papà hanno dato un gattino, ha ancora gli occhi chiusi.
Tuo fratello sta provando a nutrirlo, chissà, forse non ce la farà”
Incidentalmente, o forse no, le ferie di Erika stavano per iniziare e lei aveva già in programma di trascorrerle in famiglia. Così si è ritrovata a fare da mamma adottiva a un esserino di 100 g scarsi, con gli occhi ancora semi chiusi e una voce da tenore.
“Ancora adesso non so descrivere cosa provai, so solo che non volevo morisse.”
Dopo essersi adeguatamente documentata, Erika si è preparata per questa avventura, per accompagnarlo alla vita. E un’avventura breve doveva essere perché lei aveva tutte le intenzioni di darlo in adozione una volta svezzato. Aveva persino preparato, e diffuso, un post Facebook.
La faccenda, però, si è dimostrata più complessa del previsto. Il micetto non è cresciuto in maniera sciolta e serena, piagato come era da crisi epilettiche. Ciascuna di esse avrebbe potuto essere messaggera della sua dipartita, ciascuna volta Erika lo accarezzava e lo
scaldava pregando che la crisi terminasse.
E forse tanta dedizione ha colpito nel segno, perché Oscar si è ripreso completamente. A casa di Erika, lui ha imparato a fare i bisogni nella lettiera, a mangiare nella sua ciotola, a salire le scale, a saltare sul divano, a giocare con la pallina… e ovviamente, è diventato maestro nell’arte degli agguati.
“Ogni suo passo avanti era una mia vittoria.”
Sono stati chiaramente gli amici di Erika a rendersi conto del legame forgiatosi tra gattino e umana, perché loro per primi l’hanno esortata a tenerlo con sé. Lei, però, ha sempre rifiutato… fino a quando non ha ricevuto la telefonata che le ha fatto realizzare la verità. Di fronte a Maria, un’adottante prontissima a offrire ad Oscar tutto l’amore che meritava, Erika inizialmente ha accampato scuse… poi ha ammesso la verità a Maria e a se stessa.
“Scusa, ti sto facendo perdere solo del tempo, la verità è che non riesco
a separarmi da lui, ho deciso di tenerlo, lui crede che io sia la sua mamma
e non posso e non voglio separarmi da lui”
Soltanto allora Erika si è “permessa” di battezzare il piccino, e lo ha appunto chiamato Oscar.
“Da quel momento in poi mi autorizzai ad amarlo liberamente, senza riserve,
senza limiti e senza più sensi di colpa nei confronti di Memole”
Oscar, ad oggi, ha tre mesi e per dimostrare alla sua mamma quanto sia felice della decisione presa dorme sempre con lei e non la lascia mai sola. La sua pallina preferita è munita di piuma che lui usa per acchiapparla e portarla indietro.
“Oscar è il miracolo, è la vita che si manifesta prepotentemente… è l’amore incondizionato!”
A chiusura di questa narrazione, ci sembra giusto dedicare uno spazio ai ringraziamenti che Erika regala a chi l’ha sostenuta in questa avventura. Chissà se qualcuno di loro ci legge…
“Un grazie, ad una grande amante degli animali, Angela Ciotta, che per prima
mi ha dato tutte le indicazioni per aiutarlo. Un grazie a Fabio Rotolo e
sua moglie, che mi hanno aiutato e consolato nelle crisi. Un grazie a
Silvana Lo Piparo, sua veterinaria, io preferisco chiamarla “ la sua
pediatra”. E poi un grazie, il più grande, alla mia mamma, lei che ha
vissuto tutto con me, dalle corse dal veterinario ai piccoli progressi di
Oscar e che ancora adesso, come me, sente ancora la campanella di Memole
arrivando a casa.”