L’ode al gatto di Fanni Guidolin: quando i mici sono antidepressivi
Esistono i cosiddetti malati immaginari, come già narrava il drammaturgo francese Molière. E poi, c’è chi invece il male lo ha davvero in corpo, e talvolta la lotta è tanto feroce da intaccare anche il benessere della psiche. Lo sa bene chi ha combattuto contro un tumore e ha sopportato la chemioterapia, con tutte le conseguenze del caso. I nostri mici sicuramente non possono sostituire queste sedute, o le medicine necessarie, ma il potere di rendere meno faticosa quella lotta l’hanno eccome.
Lo racconta l’ode al gatto di Fanni Guidolin, donna malata di tumore che al suo fianco, a combattere con lei, ha il suo Snowbel.
Le righe che seguono, a lei attribuite, sono state pubblicate sulla pagina Facebook “Pelvicstom“.
Non riesci a distinguere gli occhietti di quella montagnola di pelo grigioperla, tanto è lungo e folto. Attira l’attenzione per la sua stravaganza. Ci affondo il naso, mi lascio accarezzare le labbra da quella morbidezza, appoggio un orecchio. A volte infilo i piedi sotto alla sua panciona e me li scalda come se fosse una boule dell’acqua calda.
Mi fa compagnia nelle giornate più critiche. Seduto e arrotolato sul suo cuscino preferito sembra un soprammobile rumoroso.
Le fusa le fa ogni volta che mi avvicino. Cerca affetto, attenzioni, ma non disturba, gli basta una carezza sulla testa. Riempie la mia stanza di energie positive.
È il mio gatto ed è la mia terapia antidepressiva.
Non sto scherzando.
L’ho portato a casa il giorno della prima seduta di chemioterapia. Avevo letto qualcosa sulla pet therapy e sulla sua efficacia quando ho scoperto la malattia, ma Snowbel lo desideravo da anni.
Faccio la chemioterapia ogni tre settimane. Rientro a casa sempre all’ora di pranzo e Snowbel mi attende seduto sul divano, come se sapesse l’esatto orario del mio ritorno. Sta seduto e non attorcigliato, ritto sulle zampe anteriori, con gli occhi, simili a palline di vetro verde smeraldo, immersi nel pelo.Al pomeriggio mi sento sempre stanca e riposo qualche ora. Snowbel si adagia accanto a me, mette il musetto sotto al mio collo, mi coccola.
Non c’è niente di più curativo di un gatto
che ti dà affetto nel momento più brutto della tua vita.
Certo c’è la mia famiglia, sono tutti presenti e preoccupati, e ci sono i figli, immancabili ogni giorno al giro di controllo nella loro incantata incoscienza. Ed io fingo tranquillità e speranza, salute e ottimismo, con le parole impigliate tra le labbra.
Con Snowbel è diverso. Lui non sa quello che ho e non mi costringe a fingere. Lo bagno con le mie lacrime e gli racconto le mie paure quando vorrei appiattirmi contro il muro.
È uno scrigno segreto la mia pallina di pelo.
Tenero compagno dai pensieri leggeri che mi cura.
E questo mi basta.
L’ode al gatto di Fanni Guidolin non ha bisogno di commenti ulteriori. Perfetta così come è. O no?
Chi volesse comunque leggere il post originale, può farlo di seguito.
https://www.facebook.com/Pelvicstom/photos/a.840906999268353/3423028114389549/?type=3&theater