Una ricerca svela: chi ama i gatti tende ad avere un’intelligenza più alta. Cosa c’è davvero dietro questa affermazione?

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C’è chi li definisce indipendenti, chi li ama per la loro eleganza discreta, chi li considera compagni ideali di riflessione e silenzio. I gatti, con il loro universo misterioso, hanno sempre diviso gli animi. Ma secondo una ricerca condotta negli Stati Uniti, chi li ama potrebbe avere una marcia in più… almeno dal punto di vista intellettivo.

Una provocazione? Forse. Ma i dati ci sono. Ed è interessante capire cosa raccontano davvero.

Lo studio della Carroll University: chi sono i “cat lovers”?

Nel 2014, un team di psicologi della Carroll University del Wisconsin ha condotto una ricerca che ha coinvolto circa 600 studenti universitari. L’obiettivo era semplice quanto ambizioso: esplorare se esistano correlazioni tra le preferenze per cani o gatti e alcune dimensioni della personalità, tra cui l’intelligenza.

chi ama i gatti tende ad avere un’intelligenza più alta
Immagine generata dall’intelligenza artificiale

Il risultato? I partecipanti che si dichiaravano amanti dei gatti hanno ottenuto punteggi medi più alti nei test del QI rispetto a chi preferiva i cani. Ma non è tutto.

Secondo lo studio, chi predilige i gatti tende a possedere tratti di personalità diversi rispetto agli amanti dei cani:

  • maggiore introversione,

  • spiccata sensibilità,

  • tendenza all’anticonformismo,

  • propensione alla riflessione individuale,

  • forte creatività.

Al contrario, i “dog lovers” sono risultati più estroversi, energici, sociali e inclini a vivere in modo più strutturato e conforme alle regole.

Intelligenza e personalità: è davvero una questione felina?

È bene chiarirlo subito: non esiste un animale “superiore” all’altro, né una categoria umana che possa vantare pregi universali.
Il dato interessante, però, è come le preferenze per certi animali riflettano (e forse rispecchino) alcune dinamiche psicologiche più profonde.

Gli amanti dei gatti, per esempio, tendono ad apprezzare la solitudine costruttiva, l’autonomia e la calma. Il gatto, da parte sua, non è un animale che richiede un’attenzione costante o che si affida ciecamente all’umano. Anzi: stabilisce un rapporto basato sulla fiducia reciproca, senza sudditanza né imposizione.

Chi si riconosce in questa forma di legame spesso è una persona che ricerca relazioni profonde ma non invadenti, e che ama esplorare il mondo interiore con curiosità e spirito critico.

Forse è anche questo il motivo per cui tanti scrittori, artisti e intellettuali — da Baudelaire a Murakami, da Hemingway a Colette — hanno vissuto circondati da gatti. Non solo animali da compagnia, ma specchi silenziosi di pensieri complessi, creature capaci di stare accanto senza chiedere e, proprio per questo, indimenticabili.

Il legame tra gatti e intelligenza, dunque, non va letto in chiave di superiorità, ma come una possibile affinità tra menti libere e spiriti indipendenti.
E se la scienza inizia a notarlo, forse non è solo una suggestione.

Attenzione ai limiti: lo studio non dice tutto

È giusto, però, ricordare che lo studio della Carroll University ha limiti metodologici importanti.
Il campione era limitato e omogeneo (studenti universitari statunitensi) e i risultati non possono essere generalizzati a tutta la popolazione. Inoltre, una correlazione non implica una causa: amare i gatti non rende automaticamente più intelligenti, così come preferire i cani non toglie nulla al valore personale. 

Inoltre, una correlazione non implica una relazione causale: amare i gatti non rende automaticamente più intelligenti, così come preferire i cani non è certo un segno di minore brillantezza.

La ricerca è uno spunto, non una verità assoluta. Ma uno spunto affascinante, che invita a riflettere sul modo in cui le nostre scelte — anche quelle affettive verso gli animali — parlano di noi.

A tal proposito, Denise Guastello, professoressa di psicologia alla Carroll University, ha offerto una chiave di lettura interessante:

“Ha senso che l’amante dei cani sia più vivace, perché vuole stare all’aria aperta, fuori, vuole parlare con le persone mentre porta a spasso il cane. Chi è introverso e sensibile forse preferisce stare a casa e leggere un libro, con il suo gatto che non ha bisogno di andare fuori a fare una passeggiata.”

È dunque possibile che le persone scelgano il proprio compagno a quattro zampe in base al proprio carattere, e non il contrario. In questo senso, gli animali diventano specchi affettivi, riflessi silenziosi della nostra personalità e del nostro modo di vivere il mondo.

La ricerca, quindi, non misura il valore delle persone, ma apre una finestra affascinante su come le nostre affinità — anche quelle verso un cane o un gatto — parlino di noi più di quanto immaginiamo.