Woda, la gatta ventunenne del carcere di Firenze ha rischiato di essere mandata via
Multiple storie lo dimostrano, ma casomai ce ne fosse bisogno lo ricordiamo nuovamente: gli animali sanno essere estremamente terapeutici, anche quando si tratta di rieducare un detenuto. Questo, tra le altre cose, dimostra la protagonista di questa storia e cioè la gatta Woda del carcere Gozzini di Firenze.
Lei è Woda, una gatta di 21 anni approdata al carcere Gozzini di Firenze diversi anni fa. Al tempo era incinta; i piccoli furono adottati, lei rimase nel carcere, catturando l’amore e la simpatia di molti lavoratori del penitenziario, reclusi, del cappellano del carcere don David Mario Colella e soprattutto della fu direttrice Margherita Michelini. Per Woda il Gozzini è diventato una casa: adora giocare nel cortile, arrampicarsi sulle piante e correre lungo i corridoi.
Eppure, ha rischiato di dover lasciare quelle adorate mura quando la nuova direttrice si è detta contraria alla sua presenza, con il supporto di alcuni agenti. Una decisione che ha generato scontento sia tra il personale che i detenuti. Non sarebbe stata lasciata in strada, chiaramente; il carcere di Pistoia, così come una famiglia di Bergamo, erano pronte a ospitarla.
Davvero, però, sarebbe stato giusto, considerata la sua età e soprattutto i suoi problemi ai reni, a causa di cui prende medicine costantemente?
La risposta, chiaramente, è negativa. Ma questa volta, come il lettore più attento avrà già intuito, c’è stato il lieto fine. La gatta Woda del carcere Gozzini di Firenze può rimanere lì dove è vissuta praticamente tutta la vita. Forse, a colpire sono state le parole del Don.
“Mi dispiace che la gattina vada via, mi ero affezionato anche io. Era ormai parte integrante di questo ambiente, aiutava i detenuti a vivere meglio, era quasi terapeutica per tanti di noi. Stava soprattutto negli uffici degli agenti, ma anche nel cortile e negli spazi esterni. È vero che si tratta di un animale, ma spesso il modo in cui trattiamo gli animali è indicativo di come trattiamo gli esseri umani. Nelle prigioni dovrebbero esserci più animali, sono terapeutici per i reclusi. Sarebbe bello se la gatta restasse qui”.
Sia come sia, alla fine la direttrice si è convinta a fare la scelta giusta. Tutto è ben quel che finisce bene, per una volta!