Eutanasia nei rifugi per animali: forse qualcosa si muove in Australia
Del triste fenomeno dell’eutanasia di animali nei rifugi non siamo purtroppo ignari: sappiamo che è pratica diffusa in America e nelle perreras, ma questa notizia ci conferma che accada purtroppo anche in Australia. Dove, però, forse qualcosa inizia a muoversi positivamente.
Il rifugio di Blacktown, allocato nel Nuovo Galles del Sud (Australia) e che accoglie ad oggi anche animali provenienti da Holroyd, Parramatta, Auburn, Ryde, Canada Bay, Lane Cove e Hunters Hill, è stato infatti recentemente accusato di mancare di dedizione nel pubblicizzare i suoi animali in cerca di casa, risparmiare sulle cure veterinarie e contribuire conseguentemente ai casi di eutanasia.
Portavoce delle accuse è l’animalista e zoologa Tina Bellamy, che recatasi al rifugio per portare a casa alcuni gatti ne fa un ritratto, se non raccapricciante, estremamente negativo: racconta di lettiere malpulite, sporcizia generale, carenza di cibo per gli animali, animali affetti da malattie minori, come l’influenza, non curate, e riferisce come gli animali da lei portati in salvo si presentassero in cattive condizioni di salute ed emaciati. Denuncia inoltre un ritardo notevole nell’upload delle foto degli animali da adottare sul sito, foto che sarebbero ben lungi dal dare un’immagine appetibile del gatto e scattate con noncuranza.
Le dichiarazioni della signorina Bellamy combaciano con quelle di Lisa, una cittadina recatasi al rifugio per adottare il piccolo Charlie a febbraio: la donna, innamoratasi di un gattino vivace e giocoso, è tornata a prenderlo una settimana dopo trovando un Charlie quasi scheletrico, con occhi acquosi e talmente impaurito da dover essere trascinato fuori dal suo nascondiglio. Gli inservienti avrebbero candidamente ammesso di non avergli fornito assistenza veterinaria.
La storia di Charlie è a lieto fine grazie a Lisa, ma quanti altri ancora soffrono tra quelle mura?
Al rifugio di Blacktown si sono interessate anche organizzazioni benefiche come la Animal Welfare League NSW e la RSPCA – Royal Society for the Prevention of Cruelty on Animals. Un’ispezione della NSW effettuata a marzo non ha evidenziato irregolarità, mentre stando alla RSPCA nessuno avrebbe inviato denunce ufficiali contro il rifugio. La NSW fa notare, e non si può non darle ragione, che il problema dell’eutanasia e del benessere animale vanno ben oltre il solo rifugio sotto accusa e che andrebbero riesaminati e studiati a un livello maggiore, più ampio.
Ultimamente l’Australia è nel mirino per un’altra questione, a dir poco vergognosa. Approfondisci l’argomento qui.
Fortunatamente il Consigliere Bali di Blacktown ammette l’esistenza del problema definendo legittime le proteste, e promette cambiamenti nella politica di promozione degli animali in cerca di casa e un tentativo di abbassare il tasso di eutanasia. Punta però anche il dito contro chi abbandona i propri animali per noia e crudeltà, un atto che non fa altro che aggravare il problema. Anche il dottor Russ Dickens, presidente del Comitato per gli Animali di Blacktown, interviene, spiegando come al rifugio stiano tentando di rendere più piacevole la “prigionia” degli animali tramite aree all’aperto, impianti di riscaldamento e musica. Aggiunge che la soluzione ottimale per evitare sovraffollamento sarebbe ampliare la struttura.
E da quanto comunica la stampa locale australiana circa 10 giorni fa, sembra che un ampliamento e miglioramento della struttura siano alle porte: secondo il progetto presentato, la struttura dovrebbe focalizzarsi maggiormente sull’interazione pubblico-animali, fornire spazi più ampi anche aperti e organizzare eventi, tutte misure volte a convincere le persone a rivolgersi ai rifugi e non, invece, a negozi di animali.
Insomma, non ci resta che complimentarci per l’umiltà dei gestori del rifugio e augurare loro buona fortuna!