H.P. Lovecraft e il suo lato gattofilo

I lettori più accaniti del genere horror conosceranno senz’altro gli incubi su carta di Howard Phillips Lovecraft. Le sue storie riportano in vita mostri e antiche divinità, in una cornice fatta di paesaggi impossibili per quella che è la nostra conoscenza di geologia e geometria, e giocano sulle paure più grandi dell’umanità. Tutti, insomma, conoscono H.P. Lovecraft e il suo lato più macabro; molti meno, forse, H.P. Lovecraft e il suo lato gattofilo. Eppure non dovrebbe stupire, considerato il legame millenario tra scrittori e gatti

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H.P. Lovecraft che stringe tra le braccia Felis, il gatto di Frank Belknap Longs. Ennesima prova di Lovecraft e il suo lato gattofilo. Fonte: http://www.thegreatcat.org/

Dell’amore di Lovecraft per i gatti è prova inconfutabile il suo saggio Cani e gatti, che celebra senza alcun accenno di dubbio la superiorità felina. Non solo: la superiorità di chi ama i felini. Eccone un estratto:

Non ho una attiva antipatia per i cani, più di quanta io l’abbia per le scimmie, gli esseri umani, i commercianti, le vacche, le pecore o i pterodattili: ma per il gatto ho provato un rispetto particolare e affetto sin dai primi giorni della mia infanzia. Nella sua perfetta grazia e superiore autosufficienza ho visto un simbolo della perfetta bellezza e della spassionata impersonalità dell’universo stesso, oggettivamente considerato, e nella sua aria di silenzioso mistero risiedono per me tutta la meraviglia e il fascino dell’ignoto. Il cane fa appello a banali e facili emozioni; il gatto alle più profonde fonti d’immaginazione e di cosmica percezione nella mente umana.

[…]il cane piace a quelle anime primitive emozionali che richiedono soprattutto all’universo un affetto insignificante, una compagnia senza scopo, un’adulante attenzione, mentre il gatto regna tra quegli spiriti più contemplativi e immaginativi che chiedono solo l’opinione oggettiva della penetrante e eterea bellezza e l’animata rappresentazione simbolica del dolce, inflessibile, riposante, calmo e impersonale ordine della Natura e della sua sufficienza. Il cane dà, ma il gatto è.

Una visione certamente molto radicale, che potrebbe senza dubbio offendere qualche cinofilo. E noi, infatti, non siamo qui a sposarla appieno e ad accusare gli amanti dei cani di essere persone elementari o persino vuote; quella che però sposiamo appieno è l’immagine del gatto che Lovecraft ci dipinge.

Il gatto compare ancora nella narrativa lovecraftiana; l’esempio più lampante ne è il racconto I gatti di Ulthar.

Tuttavia, il tocco più tenero che farà sciogliere i cuori di noi gattofili è un aneddoto di Paul Cook, giornalista amico di Lovecraft. Lo scrittore era rimasto ospite a casa sua, e al momento di andare a dormire si trovava in poltrona con il gatto di Cook sulle ginocchia. Il mattino dopo…

[…]verso le sei e mezza, prima di scendere al piano terra per fare colazione, socchiusi la porta dello studio per dare un’occhiata: Howard era seduto nell’identica posizione in cui lo avevo lasciato sei ore prima, aveva gli occhi stanchi ma la testa eretta e il micio, evidentemente, non si era mai mosso dal suo grembo! Buon Dio, esclamai. Non sei andato a letto? No, rispose Howard, non volevo disturbare il gatto!

Queste testimonianze, decisamente, sono più che sufficienti per raccontare di Lovecraft e il suo lato gattofilo. Innegabile!

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