I gatti sono liquidi, dice uno studio dai tratti semiseri!
È cosa più che nota, impossibile da ignorare, il modo in cui i gatti possiedano la straordinaria capacità di infilarsi, e sistemarsi anche comodamente, in luoghi ristretti che mai avremmo pensato loro avrebbero potuto gradire. Qualche volta, scelgono persino luoghi improbabili per i loro lunghi sonni.
Questa capacità tutta felina ha attirato persino l’attenzione di Marc-Antoine Fardin, fisico per l’Università di Parigi Diderot, che ha messo in piedi uno studio dai tratti semiseri che sostiene che… i gatti sono liquidi, o almeno sanno esserlo in alcune circostanze! Proprio come l’acqua fa, si adattano infatti a pressoché ogni misura di spazio.
Prima che i più rigorosi amanti della scienza storcano il naso, è doveroso precisare che lo studio in questione non ha pretese di serietà. Rientra infatti nella lista dei progetti presentati in occasione degli Ig Nobel Prize, un premio parodia dei classici Nobel che è riservato a studi e ipotesi ispirati sì a una base scientifica veritiera e creati con lo scopo di dimostrare le numerose applicabilità delle regole della scienza o in alternativa i suoi limiti, ma nondimeno abbastanza inverosimili da far sorridere e da essere letti con leggerezza. Proprio la ricerca di Marc-Antoine Fardin è stata premiata in occasione della 27esima edizione degli Ig Nobel Prize, durante la cerimonia tenutasi il 14 settembre 2017 presso il Sanders Theatre dell’Università di Harvard.
Secondo che basi, dunque, i gatti sono liquidi?
L’elemento su cui si fonda l’ipotesi di Fardin è la reologia, ovvero la scienza che studia come la materia si deforma se sottoposta a sollecitazioni. È stata utilizzata in questo caso per calcolare il tempo che serve all’animale per assumere le forme del contenitore in cui si è accomodato. Ciò che accade, in breve, è che il gatto distende il corpo fino a riempire completamente lo spazio disponibile, in maniera tale da occuparlo comodamente. In questo senso, quindi, i gatti sanno essere simili ai liquidi.
Il fenomeno opposto, invece, si verifica quando un gatto finisce in acqua, nel qual caso tenta di ridurre il contatto con l’elemento in cui si è ritrovato. Che si tratti di un lavandino o un’ampia piscina.
Che ne pensate di questo studio semiserio?