Il gatto ha memoria? E quanto indietro nel tempo riesce a ricordare?
La memoria emotiva: il ricordo di altri gatti e di persone
Il generale approccio utilitaristico mnemonico del gatto non deve far pensare che la memoria del gatto non abbia anche sfumature emotive.
Innumerevoli sono le testimonianze, presenti su social network e forum, di come i gatti siano in grado di ricordare una violenza o un abuso e arrivino persino a dimostrare ostilità o diffidenza verso tutte le persone dello stesso sesso di chi ha fatto loro del male. Allo stesso modo, le commoventi riunioni tra i gatti e i loro umani dopo una lunga assenza suggeriscono che il gatto ricorda eccome chi lo ama e lo tratta con riguardo: tanto che, durante il periodo di lutto che segue la scomparsa o la morte di un umano amato, è opportuno evitare rimproveri troppo aspri, in quanto nella sua mente potrebbero essere ardui da mettere da parte quanto il suo dolore.
Più amore riceve dall’essere umano, più si fiderà. Più verrà maltrattato, più difficile sarà riconquistarlo per chi lo adottasse.
È inoltre interessante come la sua capacità di relazionarsi con l’essere umano sia legata a una fase specifica della vita. Se un cucciolo non entra in contatto con esseri umani nel periodo che va da 2 a 9 settimane da età, sarà più difficile per lui/lei costruire relazioni sane in futuro.
Meno ovvio è, forse, come la memoria del gatto funzioni quando si tratta di riconoscere altri animali a lui/lei imparentati.
Per quanto non esista, nella società felina, il concetto di famiglia come noi lo intendiamo, non manca una sorta di “memoria olfattiva”: pare infatti che i gatti che condividono lo stesso corredo di geni condividano anche un odore simile, che certo non sfugge al fine olfatto del gatto ed è ulteriormente più marcato se in passato sono state condivise esperienze. Micio, pertanto, non ricorda visivamente e affettivamente la mamma, ma se dovesse incontrarla riconoscerebbe probabilmente in lei qualcosa di familiare. Del resto mamma gatta non alleva i suoi cuccioli per tenerli con sé, né loro si aspettano che badi a loro tutta la vita. È soltanto naturale che la dimentichino.
La memoria “selvatica”
Chi conosce i gatti lo sa: per addomesticati che siano, permane in loro l’ombra di un lato selvatico, ereditato dalla loro parentela coi felini selvatici e dalle centinaia di anni di vita lontano dall’uomo. Nemmeno la memoria del gatto lo ha dimenticato.
Possiamo vederlo nel gioco, attività strettamente legata al concetto di caccia. E non è un caso che, per terrorizzato che possa essere, un gatto abituato a essere nutrito e coccolato poi abbandonato a se stesso cerchi rifugio sotto a una macchina: istintivamente, segue le orme dei suoi antenati, che hanno imparato come una caverna sia un buon rifugio perché angolo riparato dagli occhi ostili dei predatori. Una macchina non è certo una caverna, ma è ugualmente un angolo riparato.