Il gatto nell’arte: un binomio affascinante
Il gatto, con il suo fascino e la sua eleganza, ha sempre stupito e colpito gli esseri umani. Anche lui ha dovuto conoscere tempi d’oro e tempi bui; il suo carattere e la sua intelligenza infatti hanno fatto sì che l’uomo gli desse, a seconda dei contesti, un significato simbolico di nobiltà o di mistero, di bontà o di male. In ogni caso, la storia artistica mondiale non ha fatto a meno di questo straordinario animale, che riaffiora qua e là anche nei grandi capolavori dell’arte, ogni volta con un significato preciso e diverso.
La prima raffigurazione pittorica del gatto è frutto dell’ingegno pittorico egizio. Il felino domestico, animale sacro, era elevato al tenore di un dio e come tale raffigurato… basti pensare che la dea della guarigione era Bastet, ed era proprio un gatto. Essi venivano raffigurati nelle pitture delle tombe, mentre cacciavano, oppure imbalsamati per fare compagnia al loro padrone nell’aldilà. Altrettanto non si può dire dell’arte greca; essi consideravano il gatto come un animale dal carattere ribelle e scostante, e questo si scontrava con il loro ideale di ordine e rigore.
I romani avevano un’altra considerazione dei mici: nonostante non fossero animali domestici, erano comunque apprezzati per la loro indipendenza, il loro coraggio e fierezza. Venivano, quindi, rappresentati su scudi e sugli elmi dei guerrieri, come a traferire a loro le qualità che li contraddistinguevano. Durante l’epoca medievale i nostri amici non se la passarono bene: il gatto era considerato un animale del demonio, e veniva affiancato alle streghe, tanto che gli esemplari catturati venivano uccisi. Quest’epoca buia cambia solo con il genio di Leonardo da Vinci, che definì il felino “un capolavoro” e lo ritrasse nelle sue attività quotidiane.
Nel corso dell’Ottocento e del Novecento il gatto comincia ad apparire sempre più frequente in alcuni famosi capolavori. Picasso, nel suo “Cat and Bird”, raffigura un gatto stilizzato che tiene in bocca un volatile. Già nel periodo del cubismo è il suo secondo lavoro dedicato ai felini, “Lobster and Cat”, che mostra un gatto alle prese conun’aragosta. Pierre-Auguste Renoir, pittore simbolo dell’Impressionismo, ritrarrà più volte i felini; come soggetto singolo, accanto a vasi di gerani, oppure accoccolati sulle gambe dei loro padroni. Coni suoi colori caldi e con il suo stile un po’ naif, Renoir rende l’idea del gatto come affezionato animale domestico. La sensazione di calore e di intimità pervade i suoi lavori.
Edouard Monet, celebre pittore francese, immortalò un gatto in uno dei suoi più famosi (e controversi) dipinti, “Olympia”. In questo quadro, la donna è sdraiata su un letto, mentre un gatto si stiracchia ai suoi piedi. Monet dichiarò di essersi ispirato alla Venere di Urbino di Tiziano, ma in realtà nel primo quadro ai piedi della donna è presente un cagnolino, simbolo della libertà. Monet, con l’irriverenza che lo contraddistingueva, lo sostituì con un gatto, simbolo dell’indipendenza.
Joan Mirò, artista catalano, rappresenta un gatto nella sua “Fattora”. Quest’opera rappresenta una donna mentre svolge faccende di casa, mentre sulla sua sinistra un gatto si staglia immobile, enigmatico, dando equilibrio alla composizione.
Paul Klee, giocoso e moderno, dipinge la grande fronte di un gatto con un uccellino posato sulla fronte: questo pittore amava molto i felini, e ne ebbe parecchi. Infine Andy Warhol, nei suoi “Cat” e “Sam” rappresenta due esemplari dai colori accesi e dagli sguardi curiosi, quasi usciti da un libro di illustrazioni per l’infanzia, che fissano lo spettatore con il loro sguardo enigmatico e intenso.