L’ambiguità delle leggi italiane a tutela degli animali
Sembrerà assurdo ma è così; in Italia, la legislazione a tutela dei nostri aMici è flebile così come lo sono le pene per chi viola le poche leggi che riguardano il bene e la salute dei gatti (e degli animali in genere).
In quest’articolo proveremo a spiegarvi la legislazione attuale, che potrebbe sempre tornarvi utile. Ma procediamo con ordine.
Indice degli argomenti:
La Costituzione
Come tutti ben sappiamo la carta fondamentale del nostro ordinamento giuridico è la Costituzione della Repubblica Italiana, sono solo 139 articoli eppure in nessuno di essi si fa riferimento ai gatti o agli animali in genere. Il costituente ebbe la premura di occuparsi financo della disciplina dei partiti politici, ma nemmeno una parola per gli animali, quasi come se fossero al di fuori del mondo o non avessero diritti. Quindi l’arretratezza e l’inadeguatezza del nostro ordinamento giuridico le si possono apprezzare già dalla costituzione. E pensare che basterebbe così poco per far si che sia riconosciuta l’uguaglianza tra tutti gli esseri viventi.
Il corpo normativo
Purtroppo a sopperire questa mancanza non è intervenuto il legislatore, se non con leggi deboli ed inadeguate.Le leggi di riferimento sono poche, qui di seguito l’elenco e le spiegazione:
– La Legge 14 Agosto 1991 n. 281 nominata “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.“
Grazie alla quale vengono introdotti nel nostro ordinamento i principi secondo cui lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali e condanna i maltrattamenti, l’abbandono e gli atti di crudeltà contro di essi. Sembra assurdo ma ci sono voluti 46 anni (dall’introduzione della Costituzione repubblicana) per vedere riconosciuti questi diritti. Viene poi stabilito che gli animali randagi possono essere catturati ma non possono essere uccisi, nè utilizzati per la sperimentazione animale.
Nella stessa legge vengono anche stabilite le sanzioni a carico di chi commercia animali allo scopo di effettuare esperimenti sugli stessi; purtroppo tali sanzioni amministrative hanno un massimo di 5000 euro, come se la vita di un animale valesse così poco!
– Legge Sanitaria Art. 146: “Chiunque…, in qualsiasi momento distribuisca sostanza velenose è punito con la detenzione da 3 mesi a 3 anni e con multe fino a 516 Euro“. Il testo è facilmente comprensibile da tutti, ed è assurdo che chi si assuma tale colpa possa cavarsela con pene così misere.
E’ possibile uccidere un gatto?
Veniamo ora alla questione principale dell’articolo, la debolezza del nostro corpo normativo circa l’uccisione dei gatti (e degli animali in genere). Prima di tutto vi elenchiamo le norme del Codice Penale che regolano queste fattispecie:
– Art.638: “Chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a trecentonove euro.
La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria.
Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno.“
– Art.727 (Modificato dalla Legge 20.7.2004 n° 189) “Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.
Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.“
– Art. 544-bis LEGGE N° 189 DEL 20-7-2004: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi.“
– Art. 544-ter LEGGE N° 189 DEL 20-7-2004: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.“
Alla luce di questo quadro normativo possiamo intuire che, secondo il legislatore, gli animali hanno un’importanza minore rispetto agli uomini e lo si percepisce anche dalla pena massima, aggiungerei ridicola, di diciotto mesi di reclusione per chi uccide per crudeltà un animale; oppure una reclusione massima di un anno a chi detiene animali in stato di sofferenza. queste pene non possiamo che definirle ridicole, poiché in base all’entità delle pene previste dal Codice Penale ed all’istituto della “sospensione condizionale della pena”, a meno di recidiva, nessuno che si macchi di uno di questi infamanti reati vedrà mai le porte del carcere; né tanto meno gli verrà comminata una delle misure alternative alle detenzione. Ma bisogna soffermarsi soprattutto sull’espressione “senza necessità”, in pratica per il legislatore, qualora un essere umano uccida un gatto per mangiarlo oppure per dar da mangiare a qualche altro animale, sarebbe pienamente dentro la legge e non incorrerebbe in nessuna sanzione né amministrativa né penale. Tutta questa superficialità circa questo tema, molto sentito dalla popolazione italiana, è disarmante; sono tantissimi ogni anno gli animali che vengono uccisi, oppure costretti a torture per la sperimentazione oppure costretti a “spettacoli” crudeli all’interno dei circhi.
Quindi ci chiediamo quale paese civile può realmente definirsi tale se tratta gli animali come “esseri inferiori”, se non come “cose”?
“La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.”
– M. K. “Mahatma” Gandhi (1869-1948)