I gatti della Biblioteca Classense di Ravenna, Teresa e Byron

Quando si pensa a gatti e biblioteche, è impossibile che il pensiero non corra al celeberrimo Dewey, il micio che rivoluzionò la vita della biblioteca di Spencer (Iowa, Stati Uniti). Dewey, in un certo senso, ha fatto da apripista a tutti i felini bibliotecari dell’era moderna… inclusi i gatti della Biblioteca Classense di Ravenna, Teresa e Byron.

banner

Questa storia inizia il ponte del 2 giugno 2009, quando quattro micetti finirono chissà come separati dalla loro mamma e si ritrovarono in un’ala in fase di ristrutturazione. Accolti a braccia aperte, i piccoli furono subito battezzati Dewey, Obama e appunto Teresa e Byron. Tutti e quattro nomi importanti: i primi due non hanno bisogno di spiegazione, mentre è giusto svelare che i nostri protagonisti sono stati così denominati in onore di Teresa Gamba e a George Gordon Byron, contessa e poeta legati da una nota relazione sentimentale.

Dewey, ahimè, è morto anni fa di anemia felina, mentre Obama ha contratto il diabete e vive tranquillo a casa di Sandra, anche ad oggi dipendente della struttura. Resta il fantomatico duo a presidiare il forte, a cui si è unita Matta in data ignota.

A occuparsi di loro al mattino, prima dell’apertura, è la volontaria del luogo Brunetta; sempre lei, a orario di chiusura, “accompagna” i gatti nella stanza in cui riposano, al riparo dal sistema d’allarme e dotata di ogni comfort felino.

Il resto del tempo i felini scorrazzano liberi tra gli scaffali e il bancone d’ingresso. Sono interdetti loro solo i magazzini, in cui rischierebbero di restare rinchiusi, e la sala dedicata agli allergici.

Byron, in particolare, ama la libertà. Anni fa è stato dichiarato smarrito, salvo poi rientrare all’ovile sano e salvo: si era accomodato in casa di una famiglia vicina!

Prima di chiudere questo articolo, vogliamo sottolineare come la Biblioteca Classense di Ravenna sia casa, oltre che dei gatti, anche di due animali particolari: la tartaruga Santino, donata insieme a un fondo di libri dallo studioso ravennate Umberto Maioli, e uno sciame di api che ha casa nella vicinissima chiesa di San Romualdo.

Che dire? Dove c’è cultura, transitano anche i quattrozampe.