I gatti di Kerguelen rischiano la vita: la loro colpa è di essere cacciatori spietati
Non è la prima volta che l’istinto di caccia insito nei gatti viene trascinato al banco degli imputati. Tra i vari casi, possiamo ricordare l’Australia e la Nuova Zelanda, in cui questo richiamo ancestrale pare abbia messo a rischio più di una specie. Ebbene, il problema non esiste solo all’altro capo del mondo: per la stessa ragione, i gatti di Kerguelen rischiano la vita.
Kerguelen è un’isola, parte di un arcipelago di isole sub-antartiche nell’Oceano Indiano meridionale. Qui, come altrove, i gatti amano cacciare. E a essere vittima di questa abitudine sono tra gli altri gli albatros, oltre a diverse specie autoctone. A Kerleguen i gatti sono arrivati nel 1950, nel numero ridotto di cinque, ma ben presto si sono moltiplicati. Al punto da mettere seriamente a repentaglio la sopravvivenza delle loro prede.
Non è la prima volta che il governo dell’isola punta il dito contro i nostri felini d’appartamento. Già nel 2015, vennero additati come “tsunami di violenza e morte per le specie autoctone”, e diversi esemplari furono condannati a morte con svariati metodi, dal veleno alle armi da fuoco all’eutanasia post cattura. L’indignazione non è ovviamente mancata, come l’invito da parte delle associazioni animaliste del luogo a mettere in atto politiche di sterilizzazione su ampia scala. Purtroppo, fino ad ora questi appelli sono rimasti inascoltati. E anche ora, I gatti di Kerguelen rischiano la vita. Si parla, precisiamo, degli esemplari rinselvatichiti; ma come si distingue, ci chiediamo, un gatto senza casa da uno di proprietà che si fa il suo giretto quotidiano?
Da parte nostra, non intendiamo negare che talvolta i gatti siano cacciatori realmente temibili e “prolifici”. È possibile però che si risolva sempre tutto con la violenza? Tristemente, per alcuni non c’è alcun problema in questo tipo di approccio.