La gatta Nina è morta: è stata legata per 10 anni ad una catena

Una storia che inorridisce, atterrisce e toglie il fiato. E che non ha un lieto fine. La gatta Nina è morta, dopo 10 anni di dolore e solitudine. La sua vicenda, emersa nelle ultime settimane, ha scosso e turbato il cuore di tanti. E l’amore che ha sovrastato la povera Nina nel giro di poco tempo, non è bastato. Ma facciamo ordine nella sua storia.

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La scoperta di Nina

Tutto è partito qualche settimana fa, da una segnalazione anonima arrivata da Porcia, in provincia di Pordenone. L’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), attraverso le sue Guardie zoofile, si è recata sul luogo dove è stato lanciato l’allarme. Qui, dentro ad una piccola stanza fatiscente, sporca, piena di escrementi, gli agenti hanno rinvenuto molte gabbie di piccole dimensioni e sporche, con imprigionati uccelli da richiamo senza cibo né acqua. E nello stesso ambiente, legata con una catena al collo, c’era la gatta Nina, con il muso basso per la sofferenza e gli occhi persi nel vuoto.

La denuncia

Nina è stata sequestrata e il proprietario denunciato alla Procura della Repubblica di Pordenone per maltrattamento di animali (art. 544 ter del Codice penale). L’uomo si è difeso dalle accuse dichiarando di tenere la gatta alla catena sin da cucciola per evitare che uscisse di casa e morisse sotto una macchina, cosa successa ad altri suoi gatti.

Le condizioni di Nina

Quando è stata ritrovata, Nina era in condizioni molto precarie. Emaciata, in sofferenza, adagiata su uno straccio sporco in una scatola di cartone logora, con una ciotola d’acqua da raggiungere a fatica. La gatta aveva gli arti doloranti e sembrava non rispondere a pieno agli stimoli esterni. I veterinari che l’hanno visitata hanno riscontrato “una grave disidratazione e un’insufficienza renale”.

La notizia più brutta

Purtroppo, nonostante abbia ritrovato la libertà dopo 10 anni incatenata, Nina non ce l’ha fatta. Pochi giorni dopo, si è spenta. Troppo precarie le sue condizioni. A lei va il nostro pensiero e una carezza che speriamo la raggiunga e la accompagni sul ponte dell’arcobaleno.