La vera vita dei gatti di strada secondo Jason ed Elizabeth Putsche

Inutile negarlo, il sogno segreto di tutti i gattofili è sconfiggere la piaga del randagismo e far sì che tutti i gatti randagi si vedano aperte le porte di una casa e dell’amore di una famiglia. Sicuramente sconfiggere definitivamente il randagismo sarebbe una bella conquista, ma quanto al resto c’è chi, pur amando i gatti, marcia in direzione contraria. Parliamo di Elizabeth e Jason Putsche, marito e moglie fotografi e fondatori dell’organizzazione no profit Photographers for animals, nata con lo scopo di indurre il pubblico a un atteggiamento di cui gli animali possano beneficiare.

Ferel Cats

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L’assunzione alla base dell’ideologia dei coniugi Putsche è che un gatto, che per diverso tempo sia rimasto lontano da esseri umani o non abbia sviluppato con essi rapporti sociali, diventi “selvatico” e si abitui a sopravvivere da sé e a convivere in colonie con altri suoi simili piuttosto che con gli umani. Quando il gatto ha raggiunto questo stadio e la sua “vena domestica” è stata sepolta tanto profondamente in lui, rinchiuderlo in un gattile può persino diventare una sentenza di morte: a livello di comportamento il micio risulta incapace di socializzare con potenziali adottanti, e questo nei rifugi in cui si pratica eutanasia è uno dei motivi che alla lunga porta proprio a quel destino. Esisterebbero, insomma, gatti che sono ben felici di vivere liberi e che sviluppano relazioni solamente coi loro simili o altri animali non umani, senza alcun desiderio di vivere tra quattro mura ed essere presi in braccio, coccolati e accarezzati.

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Questo non significa naturalmente che le colonie di gatti di strada vadano abbandonate a se stesse. La prima pratica a cui vanno sottoposte è la sterilizzazione, seguita dalla liberazione del gatto nello stesso territorio in cui si è abituato a vivere per anni; niente vieta poi di nutrirli di propria mano, fornire loro cucce calde d’inverno o catturarli periodicamente per controlli veterinari.

Il concetto, insomma, è semplice: ogni gatto possiede una sua indole, e non tutti soffrono l’assenza di una famiglia o sentono il bisogno di una poltrona e di coccole. Quello che Elizabeth Putsche sostiene è il rispetto della natura di ogni singolo gatto, in breve.

“Le attenzioni e la compassione che rivolgiamo agli animali all’interno delle nostre case dovrebbero essere dirette anche a questi gatti; poco importa che possiamo o no accarezzarli. Ognuno di loro possiede una propria personalità e individualità, e ciascuno di loro ha una sua storia da raccontare.”

I due fotografi si stanno dedicando alla realizzazione di un documentario sul tema, con protagonisti i gatti liberi di Baltimora, che dovrebbe essere disponibile al pubblico nel tardo 2015.

La questione è in realtà spinosa, almeno a primo acchito: un gatto libero non rischia la strada, l’incontro con malintenzionati o attacchi di altri animali ogni giorno? Indubbiamente tutto questo è vero, ma lo è anche che più di una gattara potrà confermare di aver incontrato gatti che è risultato impossibile inserire in un ambiente casalingo. Del resto, anche un gatto di casa abituato a passare parte della giornata, o della notte, all’esterno corre all’incirca gli stessi pericoli di un gatto libero. Il concetto di rispettare la natura di ciascun micio non è del tutto errato, ricordando però che all’interno di una colonia ci può essere il gatto refrattario all’appartamento così come quello che in una casa fiorirebbe. In fondo il punto è tutto qui: ogni gatto ha le sue esigenze, e sta a noi rispettarle.

Se poi voleste ammirare le foto dei coniugi Putsche, potete farlo qui.

 

 

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