Uccise le volontarie ucraine Anastasiia e Sasha: si erano rifiutate di abbandonare i loro animali

La guerra, ce ne stiamo accorgendo solo in parte tramite la nostra informazione, non tocca purtroppo solo i soldati, o combattenti che siano. Nel fuoco incrociato le vittime sono tante, e alcune di esse, pur lottando a modo loro, non lo fanno con in mano un fucile. La morte delle volontarie ucraine Anastasia e Sasha, luci di speranza per tanti randagi, ora spente per sempre, ce lo insegna più che mai.

https://www.lastampa.it/la-zampa/

La storia di Anastasiia Yalanskaya e, non dimentichiamoli, dei due compagni di bontà che erano con lei, è ormai tristemente nota. Suo marito, Yevhen Yalanskyi, tante volte ha tentato di convincerla a evacuare. Ogni appello lei lo ha rifiutato: evacuare, per lei, significava abbandonare gli animali che credevano in lei, tanto vicini al suo cuore.

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L’ha implorata di fare attenzione e essere prudente, e lei forse ha ritenuto di farlo quando, quel giorno fatale, si è recata al rifugio di Bucha, a portare cibo a cani che non mangiavano da tre giorni.

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Il cibo è arrivato a destinazione, lei a casa non è mai tornata. Tutti e tre, lei e i suoi compagni, sono stati crivellati da colpi di arma da fuoco sulla strada del ritorno.

Questo sorriso si è spento.

Fonte foto: Twitter

Alexandra Polashchuk, nota come a Kherson e sui social Sasha, era un raggio di speranza in un universo di terrore. In seguito alla prima notte del conflitto scriveva, in merito ai suoi cani: “In mezzo a esplosioni e sparatorie la loro calma è un dono. Guardarli mi fa credere che ce la faremo.

Può darsi che le giornate successive avrebbero ucciso la luce in lei. Non potremo mai saperlo, perché le bombe l’hanno portata via soltanto il giorno dopo. Non voleva andarsene, per lei voltare le spalle ai suoi cani e i suoi cavalli era inconcepibile, ma proprio questa decisione l’ha condannata.

Fonte foto: Twitter

Che peccato hanno commesso? Forse agli occhi dell’esercito sono risultate troppo tenaci, troppo problematiche, simbolo di una resistenza che non si spegne? Può darsi che la diffidenza, il dubbio, la paura di chi ha sparato abbiano ucciso Anastasiia, rea di non essersi arresa. Sasha ha fatto la stesso, e come ricompensa le mura di casa le sono crollate addosso.

Noi ci sforziamo, ma non riusciamo davvero a trovare un senso per la morte delle volontarie ucraine Anastasiia e Sasha. Ci resta solo un’infinita amarezza, e tanta incredulità all’indifferenza di chi uccide senza il minimo pensiero.

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